Avevo programmato un week end lungo per uscire dalla “routine” quotidiana e cercare di concentrarmi sulla chiusura del libro che avevo cominciato durante la pandemia. Anzi dei 2 libri visto che quando ho terminato la “prima opera” mi sono chiesto: “Giancarlo, se 10 anni fa ti avessero proposto di leggere il libro che adesso hai per le mani, cosa avresti fatto?” A quel tempo avevo poco tempo per leggere, sicuramente non avrei mai letto un libro autobiografico di un perfetto sconosciuto!Non che con la seconda versione abbia più “chance”, ma almeno sono sicuro che qualche amico ristoratore/albergatore lo inizierà per farmi piacere e magari lo finirà, adesso contiene degli spunti interessanti. Chi vuole capire capisca! Comunque, quando fai una cosa pensa sempre al valore che questa possa apportare agli altri visto che questo è l’unico caso in cui avrai dei benefici anche tu.
Sommario
- Ristorazione moderna a Copenaghen: tra gusto e innovazione
- L’enogastronomia come principale vettore del turismo
- Ristorazione moderna: situazione in Italia
- Il segreto per cambiare esiste: modificare il modello di business
Ristorazione moderna a Copenaghen: tra gusto e innovazione
Copenaghen rispecchia il suo popolo, o meglio la cultura dei popoli nordici che sono ben organizzati. La città è pulita, i servizi sono efficienti, in tanti usano la bicicletta nonostante sia inverno pieno, anzi occhio alle piste ciclabili visto che Noi italiani siamo abituati a camminare ovunque mentre qui i ciclisti hanno le loro piste dove viaggiano a velocità folli. Gli hotel sono in linea con quelli delle maggiori capitali europee, ma la vera scoperta è stata la gastronomia. Per un Italiano all’estero la vera preoccupazione spesso è il cibo, facciamo fatica ad adeguarci visto che siamo abituati molto bene. Io non mangio mai cibo italiano all’estero per non rimanere deluso. Sono convinto che nella peggior ipotesi l’offerta di un cheeseburger con patate fritte sia meglio di una pasta o una pizza di basso livello. D’altra parte se il pomodoro o la mozzarella e tutti gli ingredienti freschi come fanno ad arrivare in Danimarca? E quanto è “sostenibile” un trasporto fino a qui?
A Copenaghen però c’è la cucina danese moderna che offre carne, pesce e verdure di ottimo livello e anche ad un buon prezzo rispetto alla birra che invece costa il 50% rispetto all’Italia. Eppure sono grandi produttori.
Quando parlo di cucina moderna danese non sto parlando di Rene Redzepi e del suo Ristorante Noma né tanto più di Rasmus Kofoed e del suo Ristorante Geranium, rispettivamente primo e terzo nella classifica dei migliori Ristoranti del mondo. Ma di tutti i ristoranti danesi che hanno aperto sull’onda del successo mondiale acquisito da questi due ristoranti diventati iconici.
Mentre facevo colazione e guardavo dalla terrazza le poche macchine che girano il Sabato mattina a Rådhuspladsen ho cominciato a riflettere sulle piccole differenze che nel lungo periodo sviluppano grandi cambiamenti.
Anche qui mi tocca chiamare in causa il “vantaggio concorrenziale sleale” che il mio amico Marco Trombetti co-founder di Translated e di Pi-Campus chiama in causa quando parla della moda, dell’arredamento, dell’enogastronomia, dell’ospitalità italiana.
L’enogastronomia come principale vettore del turismo
In Italia grazie al fatto che siamo il “bel paese” ricco di storia, di cultura, di bellezze artistiche e paesaggistiche, di enogastronomia, siamo rimasti immobili mentre tutto cambiava, abbracciando lo sport nazionale che oramai è “lamentarsi”.
Ma “lamentarsi” non è una strategia e nessuno potrà fare nulla al posto tuo. “Nessuno potrà darti la libertà” diceva Malcom X. Allora conviene riflettere.
Il turismo enogastronomico è una realtà. Non ti nascondo che Copenaghen da qualche anno era una destinazione “top of the mind” grazie al Noma e al Geranium. La Toscana e il Piemonte sono 2 regioni che sono riuscite ad allungare la stagionalità e ad intercettare flussi turistici, altro che lamentarsi!
Copenaghen è una città viva, piena di ristoranti dove emulatori e allievi di René Redzepi e Rasmus Kofoed sicuramente hanno tanto da raccontare con i loro piatti. Ieri sera sono stato al BLOOM visto che al Maple Casual Dining (rating di 4,9 su Google e 5/5 su Tripadvisor) mi hanno “rimbalzato”.
La hostess molto carina così come tutto il personale presente in sala, ha trovato il tempo per dedicarsi a me, per controllare 2 volte che non ci fosse un tavolo per il sottoscritto, e per invitarmi ad andare dal Ristorante “sorella” a 100 mt di distanza. In Italia sarebbe stato un consiglio poco attendibile, qui mi sono dovuto ricredere.
Ambiente moderno e arredato con gusto, spazi adeguati tra un tavolo e l’altro, menù intelligente dove puoi scegliere tra una serie di antipasti che costano 125 corone danesi, per poi passare alla scelta della portata principale che hanno tutte lo stesso prezzo di € 189 corone. In pratica si mangia a prezzi unificatoi. Semplice e funzionale. In linea con la tendenza odierna di mangiare due portate + il dolce. Ps: in caso di grande appetito c’è l’opzione menù degustazione di 3 portate + il dolce a 425 corone (57 €). Servizio casual, tutti molto gentili. Prezzo 50 € per le due portate con una birra (il dolce l’ho evitato poiché ero caduto nella trappola di comprare un pacco gigamnte di M&M’s).
Ovviamente ho lasciato recensione di 5 stelle su Google e di 5 palle su Tripadvisor, il minimo per essere stato soddisfatto al massimo livello.
Ristorazione moderna: situazione in Italia
Ma torniamo all’Italia e al “vantaggio competitivo sleale” di partenza che oggi si è trasformato in uno svantaggio. Nel nostro paese nessuno vuole fare più né il cuoco né il cameriere di professione, la maggior parte delle richieste arriva da persone disperate che non sanno come arrivare a fine mese, non è una scelta consapevole bensì una necessità.
Per tanti anni ho avuto o gestito delle attività di ristorazione e conosco molto bene il problema. Oggi più che mai perché riesco a vedere le cose da un punto di vista preferenziale e non come responsabile della mia azienda.
A fronte dello stipendio previsto dal CCNL la maggior parte dei lavoratori dei ristoratori sono costretti a fare orari ben superiori alle 40 ore previste nel contratto. Un cuoco o un cameriere che fanno l’orario spezzato per sei giorni la settimana fanno il 40/50% in più delle ore previste (55/60). E per l’azienda il costo del dipendente è il doppio di quello che riceve in busta paga. Una situazione insostenibile che continua a depauperare il settore dei migliori talenti costretti a migrare all’estero.
Addirittura in questi giorni è uscita la notizia di René Redzepi che ha annunciato che entro il 2024 il suo ristorante chiuderà i battenti perché questo modello di business non è sostenibile né per l’azienda né per mantenere lo standard di vita dei suoi collaboratori, che addirittura lavorano su turni di 4 giorni la settimana. Se vuoi saperne di più ti lascio il link per approfondire.
Il segreto per cambiare esiste: modificare il modello di business
Riflettere. Non lo potevo fare prima preso dai tanti pensieri su come riuscire a far quadrare i conti. Adesso sono libero e posso dedicarmi a fare queste considerazioni insieme a Voi.
Cambiare il modello di business quando si è in cima alla piramide, quando si è al top, quando non ce ne sarebbe bisogno, quando la maggior parte degli imprenditori è presa ad accumulare soldi, fa tutta la differenza del mondo!
Quando abbiamo cambiato il modello di business della ristorazione in Italia in questo settore? Qual è l’ultima volta che qualche imprenditore illuminato ha pensato di modificare qualcosa? Questo è il nostro limite.
Continuiamo a vedere ma facciamo finta di nulla. In un ristorante stellato si sa quando si entra e mai quando si esce. Si lavora senza lasciare nulla al caso e l’ultima cosa che conta è il tempo che viene sacrificato per offrire quell’esperienza unica che deve valere la sosta o addirittura il viaggio. Se i nostri politici non affrontano in maniera seria il tema della riforma del lavoro e del carico fiscale per le aziende questa situazione tenderà a peggiorare, per cui mi domando cosa succederà al 13% del PIL italiano che viene prodotto dal settore turismo e ospitalità?
Articolo scritto da Giancarlo De Leonardo, Ex Ristoratore e Albergatore e Founder di Caro Collega